Riccardo Donato e la teoria degli archetipi
Nel mio, lento ma inesorabile, percorso di formazione continua, mi sono imbattuta in un libro davvero molto interessante: “L’uomo non osi separare ciò che l’archetypal branding unisce” di Riccardo Donato, suggerito, in un commento su LinkedIN, da Valentina Falcinelli, guida inesauribile del copywriting e di tutto quello che gira intorno ad esso.
Non conoscevo la teoria degli archetipi e direi che ho ancora molta strada davanti a me ma la vita è bella perché è una continua opportunità di crescere, di migliorarsi e di comprendere qualcosa di più di se stessi e degli altri.
L’intento del libro è quello di spiegare la correlazione tra un brand, i suoi valori e il pubblico di riferimento. Ciascuno di noi sceglie inconsapevolmente prodotti, servizi ma anche film, libri e artisti, scrittori….
Bisogni, emozioni, desideri guidano le nostre azioni e nel percorso che un determinato utente compie, il cosiddetto consumer journey, dovremmo tenere in considerazione proprio la teoria degli archetipi.
Non voglio svelare molto di più perché ho contattato l’autore che, sorprendentemente, si è mostrato molto disponibile e a cui ho proposto una sorta di intervista / racconto. ?
Q&A con Riccardo Donato
Nel libro ti definisci Brand Strategist, puoi spiegare meglio di cosa si tratta e perché oggi se ne parla molto di più?
La costruzione di un brand è un lavoro di lungo periodo. Il percorso dall’idea, all’affermazione della marca e alla sua permanenza sul mercato, è lungo e pieno di insidie.
Il lavoro di un brand strategist è proprio quello di progettare questo percorso, a partire dalle fondamenta del brand, rappresentate da un’identità solidissima, fino ad ogni gesto, immagine e parola che ne determineranno la percezione da parte del suo pubblico di riferimento. E dopo il progetto c’è la costruzione che avviene passo dopo passo gestendo le mille variabili ed i mille imprevisti che si incontreranno in una realtà sempre più complessa e articolata.
Niente di tutto questo mi pare realisticamente realizzabile senza una strategia.
L’illusione neoliberista e capitalista che la felicità o il successo di un essere umano potessero essere costruiti sulla conta e l’ostentazione di beni misurabili ed eternamente incrementabili è tangibilmente fallita. Ha mostrato la sua inconsistenza e lasciato purtroppo un’eredità di danni e desolazione immensi, oltre che un vuoto e un disorientamento che non hanno ancora trovato alternative strutturate.
Questo ha aperto la strada alla rivalutazione e al desiderio di tutto ciò che non può essere contato, il cosiddetto intangibile: valori, emozioni, solidarietà, affetti, passioni, consapevolezza e tanto altro. I brand che funzionano e prosperano sono generosi campioni dell’intangibile e gli danno spessore, congruenza e sostenibilità economica, sociale e ambientale (reale, non di facciata).
Un brand è prima di tutto umano e l’umano (tutti noi umani), è governato, nel bene e nel male, da un ingombrantissimo inconscio fatto da passioni, pulsioni ed emozioni; da brand strategist, dobbiamo comprendere tutto ciò, portarlo alla luce e finalizzarlo in una promessa di valore da comunicare, attuare e sostenere per sempre e con coerenza.
Ancora una volta nulla che possa essere perseguito senza una solidissima strategia, senza mettere l’umanità al centro, e soprattutto senza una marca carica di valori e valore reali.
Quando e come nasce l’idea del libro?
Premetto che la mia passione per il marketing, il branding e la comunicazione è arrivata dopo un vissuto di quasi trent’anni da uomo di azienda e dall’amore sviluppato nel tempo per questo soggetto che ho conosciuto intimamente e imparato a comprendere e considerare in termini di sistema e di entità sociale.
L’idea del libro nasce dal mio percorso di brand strategist e dall’incontro con gli archetipi. Nasce dalla fascinazione generata dalla scoperta di quanto valore potessi trovare rimettendo al centro di qualunque processo aziendale e di business la persona, non il cliente (concetto banale e pericoloso), ma la persona, intesa come l’altro. Ecco, gli archetipi sono stati uno strumento per arrivare alla parte più nascosta dell’altro, alla sua insondabile complessità, alle sue paure, ambizioni, desideri e anche al suo lato oscuro indissolubilmente presente in ciascuno di noi.
Il libro è venuto dopo diversi articoli scritti in quel periodo, è nato dal mio bisogno di creare sistema, nel libro ho schematizzato e ampliato il lavoro fatto per gli articoli e insieme all’ottimo Enrico Flaccovio (e a tutte le persone che nel libro ringrazio), che ha avuto il coraggio di pubblicarlo, ne abbiamo fatto un bell’oggetto.
Nel libro è spiegato molto bene ma vorrei tu raccontassi perché è rilevante la teoria del archetypal branding, quali benefici, soprattutto nella definizione di identità di un marchio è importante.
Per rispondere a questa domanda scomodo il dottor Jung. Nel suo libro “Gli archetipi dell’inconscio collettivo”, fa alcune affermazioni illuminanti. Cito quelle che mi sono parse più significative per i nostri fini:
“…oltre alla nostra coscienza immediata…, esiste un secondo sistema psichico di natura collettiva, universale e impersonale, che è identico in tutti gli individui. Quest’inconscio collettivo non si sviluppa individualmente, ma è ereditato. Esso consiste di forme preesistenti, gli archetipi, che possono diventare consci solo in un secondo momento e danno una forma determinata a certi contenuti psichici…. gli istinti”
“Gli istinti sono forze motrici specificamente formate, che, molto prima che esista un qualsiasi grado di coscienza, e nonostante il grado di coscienza raggiunto in seguito, perseguono i loro scopi intrinseci. Essi assumono, di conseguenza, analogie così strette con gli archetipi, che vi sono in realtà buone ragioni per supporre che gli archetipi siano le immagini inconsce degli istinti stessi, in altre parole, che essi siano ‘modelli di comportamento istintuale’.”
Ecco, mi pare stia tutto qui. Tutti noi sappiamo quanto le nostre vite e le nostre scelte siano guidate dagli istinti e solo successivamente motivate dalla ragione. Comprendere gli archetipi (modelli di comportamento istintuale), significa avvicinarsi alla motivazione più profonda delle nostre azioni.
Mi pare che per chi si occupa di marketing sia un punto di vista piuttosto interessante, soprattutto in quella fase nella quale portiamo alla luce l’identità di un brand, quella roba misteriosa che risponde alla domanda “Chi sei tu?”. Ecco, qui gli archetipi ci regalano ampiezza, profondità e prospettiva.
La teoria si basa su dodici archetipi ma tu sei andato oltre e hai aggiunto quattro nuovi modelli (Incantatore, Esperto, Ancora, Mentore) e fatto uno spostamento, l’Esploratore, dal gruppo dell’Indipendenza a quello del Cambiamento, perché e come hai fatto queste scelte?
Quelle dei 12 o dei 16 archetipi sono delle semplificazioni necessarie per sistematizzare una materia altrimenti estremamente vasta, sfuggente e fondamentalmente incomprensibile. Scrive sempre Jung: “Ha significato soltanto l’incomprensibile. L’uomo si è svegliato in un mondo che non comprendeva: ecco perché cerca di interpretarlo.” E ancora: “Quanto sappiamo di noi stessi? Primitiva o no, l’umanità sta sempre al confine di cose che essa stessa compie, ma non controlla.”
Ho trovato che per interpretare la complessità del nostro mondo servisse qualche altro soggetto e se ci pensi un attimo, ciascuno dei 4 che hai elencato ha una sua modernità, almeno nei tipi che la quotidianità ci offre. Quanti incantatori o ancore o esperti o mentori incrociamo o vorremmo incrociare ogni giorno? La meraviglia degli archetipi è quella di essere pozzi senza fondo, dai quali trarre sempre qualche spunto nuovo…stando attenti a non perdercisi.
Invito te e i lettori a costruire una vostra personalissima griglia, dandogli la coerenza che la vostra cultura, il vostro sentire e le vostre attitudini vi suggeriscono. Molto istruttivo e molto divertente!
Anch’io, oggi, forse farei scelte ancora differenti.
Oggi si parla molto del concetto di brand ma l’Italia è soprattutto una nazione fondata sulle piccole e piccolissime imprese. La ditta individuale, costituita appunto da un’unica persona (e personalità mi viene da aggiungere), ha riscosso un grande successo proprio perché l’unicità ci appartiene culturalmente. Grazie ai social la diffusione di questi micro imprenditori è notevole e molti hanno un riscontro davvero importante. Credi che la teoria degli archetipi potrebbe aiutarli ulteriormente?
Lasciami dire che in questa ricchezza di unicità vedo una grande forza e un limite altrettanto importante. Se riuscissimo a valorizzarla affiancandola alla capacità di fare sistema, ecco, allora saremmo veramente insuperabili. Oggi non ci siamo ancora mi pare e non ci siamo anche per una mal riposta idea di identità, che non è mai entità chiusa, immutabile, minacciata dall’altro, ma che semmai, dall’altro trae nuova ricchezza e ispirazione. L’identità non va protetta costruendo muri o sviluppando pozioni segrete, va protetta aprendosi al confronto, all’ibridazione, all’eresia. Di questo l’identità si nutre, altrimenti, piano piano, si impoverisce, avvizzisce e secca.
Presupposto fondamentale avere consapevolezza della propria identità, portarla alla luce anche con l’aiuto degli archetipi, metterla al servizio dell’altro e poi farla crescere con gli altri.
Nel micro come nel macro gli archetipi funzionano nello stesso modo, ci aiutano a creare connessioni, trovare analogie, esaminare l’inaspettato. Cambia solo la complessità dell’analisi.
Facciamo un ulteriore considerazione generale. Firenze è una città legata al turismo in tutte le sue forme. Il modello Airbnb, nato nel lontano 2007 ed esploso nel 2014 ha permesso di allargare l’offerta turistica con appartamenti, strutture ricettive e tipologie turistiche nuove. Proprio nel 2014 la piattaforma lancia Experience, un modello nuovo dove tutti, professionisti e appassionati, possono offrire le loro competenze (culinarie, artigianali, artistiche, sportive, ecc.) e il loro tempo, dietro ad un determinato compenso. In pochi anni l’Italia si conferma uno dei Paesi con il maggior numero di Experience offerte proprio in virtù dell’ inesauribile unicità e audacia imprenditoriale. Questa nuova offerta turistica, composta da innumerevoli tipologie di strutture ricettive e altrettanto esperienze locali, ha permesso a molti di essere così visibili e riconoscibili, da considerare l’idea di cambiare lavoro e fare della propria passione un’attività a tutti gli effetti. Detto questo, non possiamo essere tutti Maghi, Creatori o Incantatori…come ci si può distinguere e come trovare la propria identità senza perdersi?
Ciascuno di noi, con la sua identità, è unico e irripetibile e infinite sono anche le combinazioni possibili fra gli archetipi. Quindi, basta scavare e le differenze vengono alla luce. Il fatto vero, però, è che non per questo ciascuno di noi, per quanto unico, può essere un buon imprenditore o un buon professionista.
E dal punto di vista sociale qui si apre un tema importantissimo e per nulla sentito che, a costo di andare fuori tema vorrei affrontare.
Siamo abituati a considerare “arrivato” chi ce la fa (sempre di meno) e “reietto” chi rimane al palo, indistinto e confuso nella massa (sempre più numerosa). La perversione sta nel fatto che a causa di quella che Michael Sandel chiama “La tirannia del merito” chi arriva è un vincitore che si è meritato di stare la dove sta e chi non ce la fa è un perdente che deve prendersela solo con se stesso.
Ma è proprio così che stanno le cose? Assolutamente no. Il talento non è un merito, ma un dono, l’eguaglianza di opportunità non esiste e soprattutto il delirio dell’ascesa, del successo misurato in termini di mobilità sociale verso l’alto, dimentica il fatto che una società “giusta” dovrebbe “trovare dei modi per permettere a quanti non emergono di fiorire lì dove si trovano e di considerarsi come membri di un progetto comune” e non metterli, invece, “nella condizione di dubitare della propria appartenenza.[1]” Di fatto la nostra società crea i presupposti per delusione, frustrazione di massa e disgregazione sociale.
(Michael J. Sandel – La tirannia del merito – Serie Bianca Feltrinelli – pag. 225)
Cosa possono in tutto ciò i nostri archetipi? Marketing, branding e archetipi possono almeno dare a ciascuno la consapevolezza di sé, dell’unicità e del valore che possiamo offrire e scambiare con l’altro. Qualcuno potrà averne a sufficienza per salire, qualcun altro meno, a tutti la consapevolezza acquisita e un branding che si rispetti (etico e generativo) dovrebbero ricordare che “il benessere sociale dipende dalla coesione e dalla solidarietà. Implica l’esistenza non soltanto di opportunità di ascesa, ma di un livello elevato di cultura generale e di un forte senso di interessi comuni. La felicità individuale non richiede soltanto che gli uomini siano liberi di elevarsi a nuove posizioni di agio e distinzione; richiede anche che siano in grado di condurre una vita di dignità e cultura, che si elevino o meno” (Citazione dello stesso autore).
Il “non perdersi” di cui parli nella tua bella domanda va riferito proprio a questo: non perderti il chi sei e non perderti l’appartenenza ad una comunità che non ti perde e che ti dato la posizione che hai, qualunque essa sia.
Il fattore età che su ogni gruppo di archetipi è indicata, quale pertinenza ha nella realtà o quale significato dobbiamo attribuirle? Mi spiego meglio, tra i sedici e i 18 anni troviamo i modelli dell’eroe, del ribelle, del mago e dell’esploratore e non potremmo invece trovare il modello dell’angelo custode o del burlone?
Come dicevo si tratta di semplificazioni e schematizzazioni. La mappa creata dai due assi cartesiani del Cambiamento vs Stabilità in verticale e dell’Appartenenza vs Indipendenza in orizzontale identifica quattro aspirazioni tipiche di fasi delle fasi della vita.
L’Eroe può identificarsi nel Cambiamento per il suo coraggio, ma anche all’Indipendenza per il suo desiderio di libertà o perché no, nell’Appartenenza come difensore dei più deboli della sua comunità. Rilancio l’invito a giocare con gli archetipi, spostarli, arricchirne le caratteristiche con elementi che nel mio libro mancano.
La mappa è una magnifica scacchiera dove esercitare cultura, fantasia e ricerca di valori e valore.
Tocchiamo un altro argomento che nella chiacchierata precedente l’intervista ci ha fornito spunti e idee interessanti. Tra i gruppi di persone che si identificano nell’archetipo dell’eroe troviamo i genitori, nell’archetipo del mago ci sono i nonni, nel segno dell’uomo comune ci sono persino i cugini e poi le donne nel segno del saggio. Ecco proprio su quest’ultima mi vorrei soffermare con te, perché introduci anche l’argomento madre (la donna che porta in grembo una vita) ma potremmo fare una riflessione più profonda? Non parlo esclusivamente di donna-madre (ogni donna, a mio avviso, è madre a prescindere dalla procreazione) ma, come giustamente hai definito tu, della donna contemporanea….
Uh, argomento sensibile! Risponderò chiudendo gli occhi.
La donna contemporanea la vedo Ribelle se vogliamo usare i nostri amici. Rompe gli schemi, non si fa intrappolare, stupisce e spaventa allo stesso tempo, è creativa, colta e indipendente. Credo che noi maschietti ne siamo un po’ spaventati e inquietati. Facciamo fatica a comprendere e sappiamo che non si fermeranno e cavolo, ci toccherà abbandonare le nostre zone di confort.
Ho tre figlie femmine e sono cresciuto in una famiglia matriarcale (la mia e quelle dei miei genitori) e le donne della mia vita, amiche, o figlie, o mogli o madri, mi hanno dato esempi precisi, non sempre da seguire, ma netti, senza ambiguità, di grande pulizia. Ecco, in questo trovo risieda una forza enorme, forse quella che ci fa più paura abituati come siamo al compromesso, alla zona d’ombra, alla piccola o grande ambiguità.
Credo poi anche che il Saggio che vedo nella donna, una volta che avrà ristabilito un equilibrio accettabile nel confronto fra generi, la porterà ad affrontare l’altro universale problema di cui parlavo sopra, quello della diseguaglianza, della tracotanza dei forti e della frustrazione dei deboli, della ricchezza dei pochi e della povertà dei moltissimi, del potere dell’avere contro la debolezza dell’essere. Mi aspetto un grande impulso in questa direzione dalla forza delle donne.
E il miracolo avviene perché la donna riesce a rimanere l’Amante migliore, insuperabile portatrice di emozioni, di amore, di bellezza e sensualità. Cura la sua anima e il suo corpo con la stessa dedizione e tenacia e ci costringe a una rispettosa e ammirata contemplazione.
Che siate Ribelli, Sagge o Amanti, forza donne, insomma!
Conclusioni!
Chi è arrivato a leggere fino a qui è un Eroe, a prescindere dalla teoria degli archetipi, e ha tutta la mia stima oltre che considerazione.
Personalmente, ho immediatamente cercato di applicare questa teoria per comprendere la persona che avevo davanti e ‘svelare’ agli altri la sua vera identità. Il lavoro è stato più lungo e più faticoso ma sicuramente più esauriente e soddisfacente!
Se volete sapere di più sulla teoria degli archetipi, vi invito a leggere il libro di Riccardo Donato e a rileggere, con calma, le risposte in questo articolo che, a mio avviso, aggiungono un approfondimento e un’appendice su un argomento davvero affascinante e senza fine.
By Alessandra Andreani